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“Un momento di riflessione…” comune

Aggiornamento: 13 mar 2020

Per una premessa

Insieme ai colleghi, rivolta verso un uditorio che abbia interesse, per parlare e dibattere. “Qualcuno” più o meno disse “chiamiamo post razionalismo (quel metodo) che denota l’intento di non considerare il sintomo come prodotto di una concezione distorta della realtà e di sé”, ma piuttosto “come risultato di un’inadeguata interpretazione della propria esperienza: esaminare l’esperienza diviene così esaminare l’esperienza soggettiva nell’ambito del tessuto di relazioni interpersonali e del sistema sociale e culturale di appartenenza”.


Questa definizione, mutuata dal pensiero di V. Guidano, non va vista come un mettersi contro o non considerare altri approcci, sappiamo bene quanto poi infine il metodo e la tecnica, sì aiutano, ma poi è la fiducia, la relazione medico-paziente a far la differenza, è persino l’umanità con cui approccio l’altro a dar conto di un’efficacia. Ma non basta! Sono del parere che prima di giudicare o ignorare si debba conoscere, come “dovere” etico e professionale, come interesse alla varietà della complessità, lasciando spazi alla crescita personale e di gruppo. Non sempre ho ritrovato, soffrendo, l’aspirazione a veder soddisfatto questo aspetto del vivere che pure è determinante per la crescita culturale, umana, scientifica; quel che ho fatto è stato affrontare con il coraggio che mi posso ritrovare, sempre, con costanza, le avversità e avviare progetti, rivederli, raffinarli.


La professionalità

La “passione” orienta all’aiuto, quando è misurata, quanto è anche tecnica. Quanti problemi si dirimono sulla persona che ho di fronte, quando sono pronta all’ascolto, quando non ho pregiudizi. Ho fondato una vita sull’ascolto, e lo trovo basilare, trovo basilare la comprensione dell’altro riassumendo, domandando, ricalcando: le organizzazioni, le aziende, il pubblico dovrebbero saperne di più per un lavoro proficuo. Quindi la psicologia integrata che intendo io è la psicologia che accende un’emozione, è sufficiente questo, quando è possibile, quando si vede l’utilità. Applico poche tecniche, essenziali, in diversi campi dell’agire umano, vado sulle sofferenze in più ambiti dove l’affettivo emotivo relazionale esiste sempre. Mi affianco agli approcci, li conosco certo, mi differenzio certo, personalizzo, certissimo…

Da tempo ormai esiste una multidisciplinarità che non può non convergere sulla persona, dal campo medico al campo psicologico al sociale: lo spazio è immenso, ma è immenso e proficuo anche vedere come parto da un metodo o un approccio senza disconoscere il contributo, ma sapendo distinguere. Questa è complessità, questa è scienza, a mio avviso, e ad avviso di molti altri... arriviamo così alle tecniche: certo che poi più è vicino un orientamento più applico tecniche, che evolvono, dal comportamentismo seguito da Guidano i primi tempi, passando per il cognitivismo, siamo giunti al post razionalismo, come è avvenuto tutto questo? Ripensiamo all’emozione e non il semplice stimolo-risposta; certo, facciamo un salto da Beck ai giorni nostri e superiamo pure l’atavica distinzione che tanto ha preso il dibattito culturale del novecento, se sia primaria l’emozione e la cognizione, in senso proprio temporale…guardando all’unità….questa è complessità emergente…

Un convegno, una giornata come momento di riflessione, aiuta nella comprensione, non deve essere fonte di pregiudizio, ma se lo è lo accettiamo e andiamo avanti con chi vorrà seguire, confrontandoci con chi non intende farlo, sempre che lasci spazi di apertura….

Perché un articolo sul post-razionalismo? E che poi ha la “pretesa” di non essere solo sul post razionalismo, ma di andare oltre…. Proprio perché è importante estendere la conoscenza il più possibile, è importante potersi esprimere, con quel lasso di libertà che a non tutti piace. Eppure serve, è di ausilio. Ricordo ancora di aver conosciuto Guidano al Palazzo delle Stelline a Milano, nel lontano 1988, una sorpresa per lui vedermi lì a un confronto: più che altro la scuola relazionale sistemica, centrata sulla psicologia sistemica familiare, aveva chiamato Guidano per render conto delle difficoltà che si pongono quando si guarda al mondo familiare, e siamo sul familiare, in ottica relazionale, senza andare oltre. Con una semplicità stupefacente ho assistito a quello che per me voleva dire il primo approccio alla psicologia integrata, io che non conoscevo il post razionalismo, qualcosa in più, dall’Università sul sistemico-relazionale. Guidano parlava di significati personali, aprendo un mondo alla riflessione, quel ricordo è indelebile per me.


Allora, il post razionalismo, che ha il suo solido sostrato scientifico e si rifà a una sua precisa impostazione epistemologica, parte dalla biologia e dalla neurofisiologia ed estende, vede la complessità, come amava definirla Guidano, dell’essere che è sociale, e trova fondamenti filosofici ben precisi. L’uomo è un sistema che si auto organizza, protegge la propria integrità e mantiene una sua stabilità, è tradotto, il concetto di Autopoiesi, un Io che vive la propria esperienza, un Io che riflette su di Sé/Me, come un oggetto, si articolano in continuo. Detto così può sembrare veramente altisonante, ma quel che poi si ritrova, empiricamente, molto empiricamente, è l’essere nella stessa terapia, il paziente che ha esperito ed esperisce, il paziente cha va sostenuto e aiutato nella sua ricostruzione dell’esperienza, è poi l’uomo o la donna o il minore che vanno sostenuti nella comprensione di sé e dell’altro.

Nessuna distorsione, dunque, da paradigmi socio culturali esterni definiti una volta per tutti, ma riformuliamo, vediamo come e quando l’organizzazione si staglia, si delinea, si arricchisce o all’estremo opposto, si “scompensa”. E lo facciamo secondo l’ermeneutica di Popper, che vede la complessità della persona e secondo lo stesso pensiero di W. James che rimarca il fluire della coscienza e della differenza tra l’esperire e lo spiegare, senza riduzionismi fallaci. Sappiamo da tempo che la realtà non si traduce in qualcosa di meramente oggettivo, che darebbe un senso unico alla vita umana, indipendentemente dall’individuo e dalla sua esperienza, ma che è il soggetto stesso a crearla, partecipando attivamente, costruisce (co-costruzione).



Alcuni passaggi fanno riflettere, e molto:

  1. i sistemi cognitivi umani non sono un mezzo per conoscere la realtà oggettiva, ma servono all’organismo per adattarsi all’ambiente. Ciò che viene osservato non sono cose, proprietà o relazioni di un mondo che esiste indipendentemente dall’osservatore, bensì delle distinzioni effettuate dall’osservatore stesso, in seguito alla propria attività nell’ambiente

  2. le sensazioni non sono la rilevazione impersonale di un dato, come quelle derivanti dalla lettura di un poligrafo, sono piuttosto un fenomeno esperenziale che coinvolge profondamente il soggetto. Le leggi di natura non vengono scoperte, ma inventate attraverso processi costruttivi.

Questi “pensieri”, tratti dall’ultimo convegno post-razionalista di Ancona, inducono a riflettere, nell’esperienza. Pertanto, la regolazione primaria e organizzazione del dominio emotivo, traduce un significato di sé e della propria concezione del mondo. In base agli schemi di interazione con gli adulti significativi dell’infanzia si producono configurazioni ricorrenti e coerenti interiormente di aspettative, condotte e delle emozioni, così come di interpretazioni in un processo ricorsivo, e organizzazioni di significato. L’evoluzione in corso consente di stabilire che l’individuo è unico e irripetibile. Parlare di organizzazioni in senso generale equivale a dire che esiste una direzionalità[1].

Il post razionalismo

Il post razionalismo, da diverso punto di vista, e la diversità è essenziale, muta un sommerso. Si deve, quindi, alla cultura di personaggi e studiosi come S. Freud, uomo del suo tempo come gli stessi psicoanalisti oggi sanno, la messa a punto di concetti importanti per le discipline terapeutiche e che non che mettono a fuoco, per parlare con il linguaggio post-razionalista, il ruolo dell’inconscio. E noi non parliamo di inconscio assolutamente..l’inconscio c’è, … L’inconsapevolezza è un punto, le elisioni, la negazione, tutto ciò che viene proposto come “difese”, diversamente interpretabili nel processo terapeutico. Si deve all’ampia specializzazione di Bowlby, psicoanalista, l’accentuazione sul processo di “attaccamento” che dall’infanzia viene sedimentato e orienta l’organizzazione di significato. Il concetto dell’unitarietà psiche-soma, la psicosomatica, sia pur diversamente interpretata, è assimilata da entrambi gli approcci. Si deve alla psicoanalisi la stessa estensione del setting terapeutico, per cui si parla di sessualità, intimità, terapia di coppia, terapia della famiglia. Qui si apre un mondo perché tutto questo viene re-interpretato alla luce delle difficoltà che il comportamentismo e il cognitivismo classico pongono all’attenzione, fin dal concetto di “scatola nera”. Quanta passione per superare l’handicap, che poi è un handicap scientificamente determinato, per quel concetto di scienza oggi superato. O meglio se guardiamo alla scienza definiamo cosa intendiamo per scienza. Diversamente da quanto proposto sia dal comportamentismo che dal cognitivismo classico, il ruolo primario e centrale del processo psicoaffettivo, trova punti di convergenza in entrambe le accezioni e gli approcci. Si superano i concetti di stimolo-risposta, causa-effetto, si guarda alla tensione emotiva, al processo di significato personale: l’emozione ne è parte costituente.


Il chi si staglia al di là del modello, entro il modello, oltre il modello, questa definizione mi affascina e mi aiuta nel lavoro.

Nel post razionalismo, la centralità della persona e del personaggio consente di vedere chiaro come l’essere, l’individuo, ha in sé tutti gli elementi diremmo di “guarigione”, e lo si vede bene nella pratica clinica, aspetti della sua organizzazione che rimangono sommersi, a livello “tacito” e che vengono ricostruiti. Il personaggio unico irripetibile, storico, che è poi il paziente, è in relazione con, in co-costruzione con l’ambiente significativo - dall’unità psiche-soma all’unicità storica irriducibile, dal triplo registro cognitivo, affettivo e sensoriale al “registro” cognitivo-emotivo.

Prende forma un processo, per tutti e in ogni contesto occidentale, una “normalità” costituita, non ci sono regole che valgono per tutti, non c’è un prima e un dopo in quel senso, un “intrecciarsi” delle “distorsioni”: c’è un prima e un dopo per quanto riguarda il tema attuale di scompenso, l’organizzazione è personale, unica e irripetibile. Evoluzioni per Apposizioni e Speculazione (mito, società, storia, arte…).

Se la psicoanalisi parla di integrazione interno/dall’esterno, il post razionalismo parla di autoreferenzialità, in ogni caso: nel post razionalismo lo sfondo è il sentire più o meno comune, la regola, il modo. Parla di metapsicologia, la psicoanalisi con i suoi principi scanditi (dal principio del piacere al principio di realtà). La persona, che “co-costruisce” il suo essere.

Se per la psicoanalisi, il presente risignifica a posteriori e conferisce nuovo senso ai traumi e alle vicissitudini, nel post razionalismo il presente è un attimo, è sì, fenomenologicamente, ma il presente è ora, al di là di ogni plausibile spiegazione comportamentale. Si “incentra” su pulsioni e delinea una differenziazione tra istinto e pulsione, un concetto che non è inseribile nel post razionalismo che parla invece di significati di organizzazione e ordine personale. La SIP tratta divergenze nell’organizzazione intrapsichica e parla di struttura psichica: ora va al di là della topica freudiana, focalizza negazione, proiezione, scissioni, diniego, isolamento tra meccanismi difensivi adottati nelle distorsioni. Non è certo un problema parlare di questo genere di resistenze al cambiamento, soprattutto nelle patologie gravi, partendo però e procedendo sulle interazioni. Certo che è sorprendente come proprio nell’ultima consulenza tecnica giuridica, splendida, si è fatto un lavoro riflessivo con due colleghe psicoanaliste: lì, come già da un po', mi sono accorta di poter arricchire con l’esperienza il metodo, proprio, non toccando la tecnica. Loro, anche in senso jungano, procedono su linee e tempi: abbiamo visto limiti e accorgimenti, passo dopo passo, nell’esperienza, un lavoro duro per le parti in causa, dove loro potevano trarre beneficio e fino a che punto, perché la consulenza tecnica di ufficio non sia più una mera diagnosi e veda la mediazione anche come riflessione, imprescindibile[2]. Rispetto al passato, oggi la psicoanalisi focalizza maggiormente l’aggressività, con un’eventuale differenziazione di genere, ma per il post razionalismo ne va ricercato il significato soggettivo. Non solo, fa una distinzione o demarcazione soggettiva tra significati attribuibili alle emozioni. Diversificazione direzionale, tra inwardnesse outwardness. I livelli precoci dello psichismo sono centrali e sempre gli stessi in psicoanalisi, dai 16-17 anni il significato è della persona non più riferibile, ad es., alla famiglia.

La psicoanalisi tratta il dentro/fuori e fin qui, però, tratta anche il mentale diversificando dal corporeo, vede il me/non me confuso, fluido, rinegoziato (Winnicott, 1971), il sé e il non sé. Vede l’”intreccio” tra relazioni già vissute, intrapsichiche e l’interpsichismo, colorato dal mondo interno, vede l’intreccio, diremmo. Ha una sua visione ontologica, la duplice dimensione interiorità/alterità, vede la “circolarità” degli oggetti interni (antiche relazioni), e vede la patologia come non integrazione, tratta le scissioni della persona e il registro non verbale, le emozioni precoci. Bion stesso rileva che non è l’inconscio a creare il sogno, ma è l’attività onirica a creare l’inconscio, e qui si apre un altro capitolo. Si rimane nel quadro normativo generale, multifattoriale e giustificativo. Ecco si comincia a non essere più conformisti, puri, ma a differenziarsi, tanto per usare un termine caro al post razionalismo.



Dunque il post razionalismo tratta gli aspetti strutturali e le componenti. Centrale la consapevolezza di sé nel processo di “guarigione” che poi è assimilazione di esperienza, lo sviluppo, il processo che tende all’ armonico. La patologia è molto meno marcata, già dalla prima riformulazione, quella che parte dalla diagnosi e fa diagnosi si opera una riformulazione, che produce miglioramento, momento riflessivo primario. Riformulare è l’unico modo di riordinare l’esperienza, quell’esperienza che aveva maldestramente riordinato senza componenti idonee. La spiegazione tranquillizza il paziente, ma non l’aiuta. Il post razionalismo guarda alla persona in relazione all’altro e la reattività o la considerazione sempre in senso autopoietico. Non è allora assimilabile il concetto di inconscio con la conoscenza “tacita” che va resa esplicita in terapia, è un altro discorso, non c’è dubbio. In terapia rendo espliciti elementi di organizzazione di significato che già il soggetto ha pienamente in sé, ma che non coglie, non riconosce. Il setting terapeutico allargato, come in terapia di coppia, vede sempre dei significati personali “taciti” di scompenso e aiuta nel riordino, sia sul piano delle affinità che su quello della complementarità. Lo sguardo a sé dall’interno, lo sguardo dall’esterno, esperire, spiegare, ricostruire.

Come sappiamo la psicoanalisi è l’approccio eletto nel campo delle patologie gravi, il post-razionalismo ha iniziato solo da più di un decennio ad occuparsene con buoni risultati. Non si parla più di normalità, nevrosi, psicosi, ma di persona che trova uno scompenso nella sua organizzazione e questa organizzazione ha suoi modi di riorganizzarsi; il sintomo ci parla di questi modi, semplificando, diremmo rigidi, che rimangono alla conoscenza, l’unico in cui il soggetto si organizza: il sintomo è questo.

Parliamo di patologie descrittive, dal DSM, il post razionalismo non si interroga sulla normalità comunemente intesa, ma si interroga su come e quando, dove finisce la persona? L’individuo con la sua esperienza e la sua organizzazione. “Quando ho messo a fuoco con il paziente tutti gli elementi per cui lui non è un topo, il paziente domanda, ma il gatto, qui vicino, lo sa che non sono un topo?” Un semplice aneddoto, tratto dalla pratica clinica, che pure trae linfa vitale dal cognitivismo, ma ha i suoi limiti per il modello e l’approccio che si propone in questo articolo.

Parliamo di Bowlby, che tanto attrae i due approcci, parliamo della Crittenden. La teoria dell’attaccamento, a partire dalla formulazione di Bowlby e Ainsworth, vede e sottolinea il legame genitore-bambino, evidenziando le caratteristiche salienti dei diversi tipi di attaccamento sicuro, ansioso lungo un continuum, se vogliamo, molto articolato e nettamente differenziabile, la demarcazione è ancor più convincente, ma va resa sul personaggio, nell’esperienza, questo il punto. Nella relazione si osservano i modi in cui il Sé dell’individuo si struttura e funziona in base alla sua relazione con l’altro o gli altri occupandosi di situazioni atipiche, di maltrattamento e marginalità offrendo un prezioso contributo alla comprensione. Abbina, nello sviluppo del sé, concetti della teoria dell’attaccamento con concetti del cognitivismo, elaborazione dell’informazione e memoria, integrando il contributo. Verso la fine del convegno sarà bene riproporre le conclusioni dell’autrice che integra psicodinamica, comportamentismo e orientamento sistemico. Lei ha lavorato negli Stati Uniti, nel campo dell’educazione speciale, poi si è concentrata sul tema del maltrattamento, conducendo ricerche su ricerche. Come ci si forma nell’esperienza relazionale, è un fondamento del suo sistema dottrinale. Attualmente è nel New Hampshire.


Sappiamo quanto si sia evoluta e differenziata la psicoanalisi nel campo della psicologia evolutiva, sappiamo che il contributo anglosassone è molto avanti: da noi in Italia è fiorente la scuola di Bologna. Ho ascoltato, sul significato, il contributo della scuola di Forlì e devo dire che l’ho applicato con i minori, introducendo elementi di riflessione, sui genitori e sui minori: dovremmo espandere maggiormente il campo specialistico, è un ottimo momento che agisce potentemente sulla prevenzione del disagio futuro su soggetti giovani, plastici, “dalle mille e una possibilità”, direi.


Dal post razionalismo alla psicologia centrata sull’esperienza

Riassumendo, evidenziare il ruolo di un difetto nella comprensione dell’esperienza, non significa disconoscere la complessa interazione di fattori biologici, psicologici e sociali nel riprodursi del disagio che é e rimane emozionale, così come dei disturbi mentali. La possibile rilevanza di tutti i fattori non è in contrapposizione con un intervento che si propone di rendere più armonica e consapevole l’esperienza della persona. Non si nega l’importanza dei fattori relazionali sociali: lavorare sull’esperienza del paziente è una chiave per modificare aspetti relazionali problematici. Atteggiamento non giudicante, questo un punto, potente di cambiamento, il rispetto sul e dell’individuo. L’esperienza ermeneutica, non è una brutta parola o una parola troppo complessa, ma traduce i miti e le ragioni per cui un fenomeno si manifesta, non scevro di rischi interpretativi. Il metodo è rigoroso e scientifico, come può esserlo un metodo delle scienze umane e storiche; controllo ontologico, altro termine che indica una immutabilità irriducibile, costitutiva. Finito un problema ne inizia un altro: siamo nell’ambito della pratica di cura, innocua ed efficace per corroborare la validità del modello, ci si deve porre il problema della validità empirica…(Rivista di psichiatria, P. Maselli, P. Gaetano, A. Picardi, G.N. Medolesi, SITTC, Roma, Neurone per lo studio, reparto salute mentale, Centro nazionale di epidemiologia Sorveglianza e Promozione della salute, Istituto Superiore di Sanità, Roma).

È nell’esplorazione delle varianti applicate in terapia di coppia che io applico anche le tecniche che sembrano allontanarsi a livello di approccio e mi domando, ad esempio, quando è il momento di applicare una tecnica che non deriva dall’approccio proposto: la sedia vuota, le sculture, sono note in terapia di coppia e sono di ausilio, anche per noi che guardiamo al significato che la persona dà agli eventi di vita, alla ricostruzione, alla convergenza e alla differenziazione di significato.


Certo non credo di poter esaurire in breve il campo ancora da esplorare della psicologia integrata, il supporto delle neuroscienze e gli innumerevoli interrogativi che pone: il primo, per me, dalla pratica clinica, è il sentirsi. Se ho un approccio in cui mi sento, è lì che approfondisco e progredisco, senza dubbio, senza ulteriori tentennamenti, se sono curioso, se voglio estendere il mio conoscere e la mia conoscenza e voglio anche aiutare con tutti i mezzi il paziente, il discorso si fa diverso… se pure non sei un puro, se pure non applichi il metodo, il paziente migliora, come mai? I temi fondanti sono altri certo, ma bisogna conoscere gli approcci con la dovuta umiltà umana di fronte al mistero dell’essere nel corso della sua vita. E qui si apre un fronte, diciamo, innovativo, aperto all’innovazione…che non chiude su di sé, ma esperendo muta, cambia, si arricchisce: certo poi la chiusura distrugge tutto questo, elimina, semplifica, bandisce…

Se cambiare è doloroso per la psicoanalisi, cambiare è rinnovare per il post razionalismo, una differenza proprio epistemologica. Il che non vuol dire che è facile, è doloroso, certo. Al di là non della morale, ma del moralismo, correttezza e scientificità sono ambiti comuni imprescindibili in ottica procedurale diversa, la significatività vs il principio.

Il cambiamento, che di norma fa l’uomo di scienza, è un cambiamento che passa dall’esperienza e dal saper cogliere il mondo e i personaggi; all’apice c’è il cambiamento “epocale”, oltre che generazionale, cambiamento che “conduce”, nei grandi autori del novecento moderno e post moderno, si vede la differenza, un po' come dire passo dal “Delitto e castigo” di Dostoevskij, l’uomo moderno, che pensa al castigo, ecco si osserva il “castigato”, si approfondisce il “sentire” del castigato, una sorta di intrigo, Kafka, l’uomo post-moderno…(intervista, televisione cilena,1997)

AHI, qui si apre al supporto letterario e culturale, si apre lo spazio infinito del conoscere, del sapere..umano…

  1. [1] A partire dall’ampia competenza culturale e scientifica degli approcci e dei capiscuola. Il concetto di scienza, il punto di vista, osservazione, replicabilità, predizione, falsificabilità andrebbero meglio compresi e rivisti, ma se il post razionalismo vede il processo/fatto, replicabile alle medesime condizioni, non muta le varianti, certo non sfugge a entrambi gli approcci proprio l’esplorazione delle varianti. [2]Quanto ai metodi, certo non disdegno di somministrare una batteria di test, ove necessario e magari in consulenza per dare un supporto ai Magistrati, però so e loro sanno che è il colloquio lo strumento principe e non si discute, e nessuno discute su questo, incrocio i dati certo, ma so i limiti dei test, che sono tanti…


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Serie di articoli, portale IPRA, P. Gaetano, P. Maselli, 2006-2011, Società Cognitivista post-razionalista Test, giunti OS, 2011, somministrazione, validità, attendibilità


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